Il trattamento del disturbo di panico

Il trattamento del disturbo di panico

La Terapia Cognitivo Comportamentale è molto efficace nella cura degli attacchi di panico. Studi condotti in diversi paesi dimostrano che più dell’80% delle persone si libera degli attacchi di panico dopo un breve periodo di trattamento.

 

La Terapia Cognitivo Comportamentale del disturbo di panico si prefigge 5 obiettivi principali:

  1. Scoprire e abbattere le fonti di stress
  2. Aumentare la tolleranza all’ansia o al disagio
  3. Indebolire l’interpretazione catastrofica errata e gli schemi di minaccia, paura e pericolo sottostanti agli stati fisici o mentali
  4. Incrementare le capacità di rivalutazione cognitiva (rivalutazione dei pensieri catastrofici) che portano all’adozione di una spiegazione alternativa realistica dei sintomi che causano paura o angoscia
  5. Eliminare l’evitamento e altri comportamenti disfunzionali di ricerca di sicurezza

Al fine di raggiungere questi obiettivi, la Terapia Cognitivo Comportamentale si articola nelle seguenti componenti:

  • Educazione al modello di Terapia Cognitiva del Panico (il circolo vizioso)
  • Esperimenti comportamentali: induzione dei sintomi in seduta e come homework
  • Ristrutturazione cognitiva degli esiti catastrofici più temuti delle sensazioni fisiche
  • Esposizione graduata in vivo
  • Prevenzione delle ricadute

Uno dei primi obiettivi della Terapia Cognitivo Comportamentale è aiutare il paziente a capire che gli sgradevoli sintomi fisici che prova durante l’attacco di panico sono solo una conseguenza dell’ansia.

Non sono, dunque, pericolosi: nulla di quello che teme accadrà veramente. Questa consapevolezza aiuta a interrompere il circolo vizioso dellansia ed evita un peggioramento delle sensazioni fisiche spiacevoli.

Il terapeuta spiega al paziente il circolo vizioso del panico proprio per evidenziare il ruolo delle sue interpretazioni nella genesi e nel mantenimento dei successivi attacchi di panico.

Il più famoso è quello di Clark, illustrato di seguito:

il circolo vizioso dell’ansia
(Tratto e modificato da “Il manuale dell’ansia e delle preoccupazioni. La soluzione cognitivo comportamentale” di David A. Clark e Aaron T. Beck).

 

Il processo parte da uno stimolo scatenante, chiamato anche trigger. Questo può essere interno, ad esempio una sensazione fisica (sensazione di testa leggera, debolezza, battito cardiaco accelerato) o esterno, ad esempio una situazione o un luogo (il supermercato, una galleria, l’autostrada).

Questo trigger viene interpretato dal paziente come una possibile minaccia, come un potenziale pericolo e questa lettura farà sì che il paziente cominci a provare uno stato di ansia.

L’ansia porta con sé tutta una serie di sintomi fisiologici e cognitivi, quali aumento del battito cardiaco, difficoltà a respirare, sensazione di testa leggera, tremori, confusione, paura di perdere il controllo, ecc.

Il paziente, a questo punto, teme che questi sintomi – in realtà “normali” in quanto rappresentano la fisiologica manifestazione del suo stato d’ansia – possano aumentare fino a portare a esiti catastrofici, quindi alla morte, all’infarto, allo svenimento, all’ictus, alla perdita di controllo, alla follia.

Tali interpretazioni catastrofiche sono considerate vere dal paziente e, di conseguenza, aumentano il suo stato dansia che, a sua volta, avrà manifestazioni sintomatiche più intense che, in un circolo vizioso, saranno lette come conferma dell’imminente verificarsi dell’evento catastrofico temuto.

Questo genera un circolo vizioso autoperpetuantesi che porterà al verificarsi di un altro episodio di panico.

In questo circolo vizioso sono aggiunti anche i fattori di mantenimento, ovvero l’evitamento e i comportamenti protettivi.

Essi rappresentano tutto ciò che mettiamo in atto nel tentativo di non avere o controllare un attacco di panico.

In realtà queste strategie sortiscono leffetto opposto: bloccano il progresso e ostacolano la guarigione. È come se si provasse a spegnere un fuoco con la benzina.

 

Le strategie dalle quali le persone che hanno un attacco di panico cercano di proteggersi sono:

Evitamento: evitare tutti i posti temuti, gli oggetti e le attività che pensiamo potrebbero causare un attacco di panico, ad esempio guidare, prendere la metropolitana, portare i bambini in posti affollati, volare, incontrare un amico in un posto chiuso, andare al ristorante, iscriversi a un corso, in palestra, andare a una festa, fare una riunione di lavoro, andare dal medico o dal dentista, andare al centro commerciale o al supermercato, chiedere informazioni a un impiegato.

Comportamenti e rituali protettivi: le persone spesso sviluppano un proprio modo di fare le cose che pensano le possa proteggere o far sentire al sicuro rispetto all’insorgenza di un episodio di panico. Questi comportamenti danno un sollievo temporaneo ma, a lungo andare, mantengono il disturbo. Ad esempio, portare con sé una bottiglia di acqua o dei farmaci, chiamare qualcuno, farsi accompagnare, fare spese solo nei posti dove è possibile vedere l’uscita, sedersi sempre all’estremità della fila vicino all’uscita di emergenza, comprare meno di 10 oggetti per usare le casse veloci, ecc.

A volte, alcuni gesti possono essere quasi delle superstizioni, come portare un corno con sé o toccare legno, ma in realtà non fanno altro che rinforzare il senso di vulnerabilità e di insicurezza.

Anche lattenzione selettiva viene considerata un fattore di mantenimento. Vediamo insieme cosa accade esattamente:
Chi ha già avuto degli attacchi di panico, come abbiamo detto, è spaventato all’idea di averne altri e questo fa sì che presti attenzione a tutti i possibili segnali corporei che potrebbero indicare l’imminente arrivo di una crisi.

Quindi, monitorerà le minime variazioni del suo battito cardiaco, le più impercettibili difficoltà a respirare, ecc.

Il porre attenzione selettivamente a queste sensazioni, in realtà, porterà a un abbassamento della soglia sensoriale, ovvero il paziente le percepirà più facilmente e più intensamente. Questo sarà però letto come unamplificazione della sensazione, piuttosto che come una conseguenza del fatto che ci si stia ponendo attenzione.

Ecco quindi come l’attenzione selettiva mantiene il circolo vizioso, attraverso una errata conferma delle interpretazioni catastrofiche.

Il secondo step del trattamento cognitivo comportamentale del disturbo di panico consiste proprio negli esercizi di esposizione enterocettiva (esposizione alle sensazioni fisiche).

L’obiettivo è quello di dimostrare al paziente che può stare coi sintomi.

Gli esercizi di esposizione enterocettiva servono a suscitare proprio le sensazioni corporee simili a quelle che si manifestano spontaneamente in caso di ansia.

Indurre volontariamente i propri sintomi vuole contraddire l’abitudine a sfuggirli ed evitarli, perché considerati pericolosi.

Lobiettivo è, quindi, quello di mettere il paziente nelle condizioni di affrontare un episodio di tachicardia o vertigine e di superarlo senza ricorrere a mezzi di evitamento o fuga.

Alla fine si impara che si tratta di episodi forse sgradevoli, ma certamente non pericolosi o mortali e si è, quindi, in grado di affrontarli e di gestirli.

Si suggerisce di continuare a eseguire gli esercizi, finché la forza dei pensieri catastrofici non sia diminuita e sia, invece, significativamente aumentata quella dei pensieri non catastrofici.

Gli esperimenti comportamentali giocano un ruolo particolarmente importante nel trattamento del panico. Il risultato dell’esperimento viene osservato, monitorato e registrato, alla ricerca di prove a favore della spiegazione catastrofica e delle interpretazioni alternative delle sensazioni fisiche.

Dopo aver contrastato la tendenza del paziente a evitare di provare ansia e di tollerare i relativi sintomi, si procede alla ristrutturazione cognitiva che svolge due funzioni nella Terapia Cognitiva del Panico. Introduce un’evidenza contraria alle interpretazioni catastrofiche errate e offre una spiegazione alternativa alle sensazioni interne.

Tutto questo con tecniche semplici che il paziente apprende facilmente.

È spesso utile cominciare la ristrutturazione cognitiva con una descrizione molto chiara degli esiti catastrofici più temuti e poi generare una lista di possibili spiegazioni alternative per le sensazioni fisiche. Lobiettivo della ristrutturazione cognitiva per i soggetti con panico è quello di realizzare che la loro ansia e i loro sintomi siano dovuti alle convinzioni errate che certe sensazioni fisiche sono pericolose, che avranno un esito nefasto, che saranno insopportabili e ingestibili, che sarà impossibile controllarle e resistervi, ecc.

 

Poiché molte persone con il disturbo di panico possono mostrare forme quanto meno lievi di evitamento agorafobico, lesposizione graduata in vivo è una componente fondamentale della Terapia Cognitivo Comportamentale per il disturbo di panico.

Quando levitamento agorafobico è grave, lesposizione in vivo deve essere introdotta nel trattamento il prima possibile, al fine di creare labituazione ai sintomi e a mettere in discussione le cognizioni e le credenze catastrofiche del soggetto agorafobico.

 

Nell’esposizione graduata in vivo il terapeuta aumenta gradualmente il livello di ansia in modo che il soggetto possa realizzare di essere in grado di gestire la situazione, persino con stati d’ansia elevati.

Se il paziente non fugge, o non evita l’esposizione, la reazione ansiosa potrà toccare un picco, ma poi si ridurrà spontaneamente e il paziente, nel tempo, si troverà a fronteggiare le situazioni in precedenza temute, senza provare più panico.

Quando si riuscirà a sentirsi tranquilli in situazioni da cui fino a prima si fuggiva ci sarà una reazione che, sotto molti aspetti, può essere considerata un decondizionamento che avrà come conseguenza quella di modificare le aspettative catastrofiche del paziente.

Durante lesposizione, lo scopo sarà quello di rimanere nella situazione ansiogena senza ricorrere a evitamenti e comportamenti protettivi, imparando ad accettare i sintomi corporei che mettono tanta paura, anche con l’aiuto della Mindfulness.

Infine, nella prevenzione delle ricadute, il terapeuta fa scrivere o scrive insieme al paziente quanto è stato appreso durante il trattamento, riguardo le cause del panico, i fattori di mantenimento, e i modi usati per superare il problema.

Nel riassunto verrà scritto, sotto la guida del terapeuta, cosa fare se i sintomi fisici inattesi si verificano o se il soggetto sperimenta una ricomparsa dell’ansia.

Si dovrà, infine, chiedere al paziente di valutare, su una scala da 0 a 100, quanto sarebbe penoso per lui in futuro avere attacchi di panico. In questo modo è possibile prendere consapevolezza anche di eventuali problemi non ancora risolti.

Dal momento che abbiamo visto quanto sia determinante il ruolo dello stress nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo di panico, è fondamentale adottare uno stile di vita sano e all’insegna della salute. Quindi, si privilegerà un’alimentazione corretta, si dormirà un numero adeguato di ore, si farà attività fisica e si praticherà la Mindfulness o Mindfulness Yoga per tenere bassi i livelli di stress e ridurre così la possibilità di avere nuovi attacchi di panico.

 

Alcuni Consigli per condurre un’esposizione di successo

Elenco alcune strategie per condurre un’esposizione di successo, all’interno di un piano di trattamento altamente efficace:

  • Modificare i pensieri catastrofici relativi al pericolo, anche ricorrendo a questo tipo di domande:

Hai avuto molti attacchi di panico. Come mai le conseguenze terribili che temi non si sono mai verificate?”, La tua idea è vera?”, Eutile mantenere queste convinzioni?”, Stai prevedendo il futuro in maniera catastrofica o sono dei fatti reali?”

  • Focalizzarti sui sintomi fisici, come la tensione muscolare, le palpitazioni cardiache, la nausea o il respiro corto permetterà di accettarli, anche attraverso gli esercizi di Mindfulness, di abbracciarli e di fare pratica di essi per quello che sono, ovvero un normale incremento dell’attivazione fisica, al pari di quando fai una corsa o vai in palestra. Quindi sicuri e innocui, se pur sgradevoli!!!
  • Cercare prove che la situazione o lo stimolo non è pericoloso come pensi.
  • Quali caratteristiche della situazione indicano che non c’è un pericolo?
  • Controlla il tuo respiro. Alcune persone trovano molto utile focalizzarsi sul respiro e farlo scendere a 8-12 respiri al minuto. Assicurati di non iperventilare o di non fare respiri corti e superficiali.
  • Prova a visualizzarti lentamente mentre ti prepari ad affrontare con successo l’esposizione prima di cominciarla o quando sei in procinto di iniziarla, questo può esserti di aiuto!
  • Cercare di mantenerti attivo durante l’esposizione, ad esempio camminando o muovendoti in giro.

Ricorda:
Per coloro i quali hanno effettuato una Terapia Cognitivo Comportamentale per il panico ma presentano ancora una sintomatologia attiva, si consiglia di indagare con un professionista eventuali esperienze traumatiche passate e/o presenti che possano essere la vera causa sottostante della sintomatologia fisica del panico.

Inoltre chi soffre di disturbo di panico, spesso lamenta anche uno stato depressivo e, quando presente, i farmaci possono intervenire anche su questo aiutando la persona a gestire meglio la quotidianità.

Qualsiasi tipo di farmaco deve essere assunto solo dopo aver consultato un medico di base o uno specialista, ad esempio uno psichiatra o un neurologo, affinché ne possa valutare l’appropriatezza considerando tutta la storia clinica del paziente che ha davanti.

Per ulteriori informazioni puoi scrivermi qui: info@francescamazzocco.it

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